Tipi di Uomini: Lo Sposato parte 2

Se siete single e state aspettando l’amore della vostra vita e vi dite “che c’è di male se mi faccio una storiella con Lo Sposato? Non è il mio tipo, io di lui non mi innamorerò mai” state sbagliando.
Primo perché non è vero che non vi innamorerete mai, secondo perché una storia con uno sposato vi farà soffrire in così tanti modi che per elencarli non basterebbe l’Internet intero.
La storia con lo sposato che dice di essere sposato è evitabile. E, evitatela che ci sono in giro tanti uomini single che vi aspettano.
Ma la storia con lo sposato che non dice di essere sposato purtroppo non sempre è evitabile.
Ecco quello che mi è accaduto quando avevo poco più di vent’anni.
Finita l’università ho fatto uno stage nella redazione di un giornale. Il mio caporedattore era un uomo di circa 38 anni, alto e, ormai l’avrete capito, con l’occhio azzurro assassino.
Mi piaceva quel lavoro mal retribuito e mi impegnavo molto di più di quanto mi fosse richiesto: al termine dello stage mi fecero un contratto di collaborazione, pochi soldi e tanto lavoro. Ero felice: il primo passo per la mia agognata indipendenza. Festeggiai con due mie amiche bevendo litri di sangria alla frutta. Ubriache, iniziammo a parlare di uomini. Mi trovai a dire “il mio capo è un figo!” e fui la prima a sorprendermi di aver detto una cosa del genere. Le mie amiche iniziarono a tartassarmi di domande e venne fuori che Giorgio, il capo, ogni tanto, lasciava scivolare delle mezze frasi che alludevano alla mia bellezza e alla mia dolcezza. A 24 anni non ero consapevole ne di esser fresca e bella, ne di esser dolce.
Quella conversazione ubriaca con le mie amiche mi fece pensare “forse gli piaccio! chi io? È mai possibile che io, che sono così poca cosa, piaccia proprio a lui che è un uomo?” (beata ingenua gioventù)
La trappola era scattata: ragazza giovane con poca autostima e molto bisogno d’amore crede di valere di più se un uomo la apprezza. Soprattutto quando quest’uomo è alto, ben piazzato e con il solito occhio azzurro assassino.
Iniziai a prestare attenzione ai complimenti che Giorgio mi rivolgeva e iniziai a civettare e flirtare con lui.
Dopo un paio di settimane, mi invitò a bere un caffè nel bar sotto l’ufficio. Rientrando prendemmo l’ascensore. Come nelle peggiori sceneggiature della Endemol, Giorgio bloccò l’ascensore tra il terzo e il quarto piano e mi baciò appassionatamente.
Iniziammo una relazione fatta di e-mail ardenti, sms, qualche aperitivo e … mie richieste di vederci di più fuori dal lavoro.
Purtroppo i nostri incontri erano sempre brevi. Un giorno lui doveva fermarsi fino a tardi in ufficio (bugia), un altro giorno doveva andare a prendere sua madre in ospedale (bugia), oppure aveva calcetto (bugia), un’improvvisa riunione di redazione il venerdì pomeriggio (non esistono le riunioni il venerdì pomeriggio, ricordatevelo), il cane da portare dal veterinario, a metà dell’aperitivo si ricordava della casa da pulire, la spesa da fare…Non ricordo più tutte le bugie che mi diceva ma ricordo con precisione che mi sembravano tutte plausibili. Perché effettivamente erano tutte plausibili.
Ripensandoci oggi: non poteva mai vedermi nel weekend e non poteva dormire da me. Casa sua era off limits perché molto frequentata da sua madre. O da una zia. O da suo fratello. Il cugino con la moglie malata di tumore, dormiva da lui per assisterla in ospedale. Ci vedevamo nel mio appartamento per colazione, per pranzo, per l’aperitivo. Io ero un orario di lavoro allungato, insomma. Ma allora non lo vedevo così chiaramente.
Questa storia di baci rubati in ascensore continuava da circa un mese e il mio stato confusionale aumentava. Pensavo di non piacergli: perchè non potevamo dormire insieme? Perché non potevamo fare quelle cose normali come pizza, cinema, birra etc?
Un giorno lo invitai a pranzo a casa mia: poco distante dall’ufficio saremmo usciti separatamente e rientrati dopo nemmeno un’ora e mezza.
Venne nel mio appartamento da ex studentessa e sesso fu. Molto passionale, ca va sans dire. Peccato che guardandolo in faccia pensai “è il mio capo” il che, vi dirò, spezza un po’ la tensione erotica.(disincentivo dall’andare a letto con i propri capi: vi chiederete sempre se vi promuovono per i pompini o per la qualità del vostro lavoro. Non fatevi venire il dubbio, non andate a letto con i capi)
Dopo aver fatto l’amore con lui la mia inquietudine aumentò e iniziai, da giovane inesperta quale ero, a fare la cosa peggiore che una donna possa fare chiesi spiegazioni sul perché ci vedevamo sempre in modo così sfuggente.
Negli anni ho imparato che chiedere spiegazioni a un uomo è utile quanto infilare due dita nella presa della corrente se vuoi accendere la luce. Inutile e pericoloso.
Pericoloso perche gli uomini hanno sempre una spiegazione plausibile e una donna tende a crederci e a incolpare se stessa: non sono abbastanza bella/bravaaletto/interessante/intelligente/divertente eccetera.
La sua spiegazione era che io ero l’ultima collaboratrice e la più giovane, lui lavorava in quella redazione da dieci anni e non poteva compromettere la carriera. E nemmeno la mia.
Mi sembrò plausibile.
La spiegazione per i weekend era che doveva andare dai suoi genitori in Emilia perché il padre era gravemente malato.
Plausibile. Ma io non ero contenta. Passavo i fine settimana incollata al telefono ad aspettare un sms: non mi chiamava quasi mai, infatti. Mi davo la colpa: ero io che non gli piacevo abbastanza.
Mentre la relazione continuava, una collega della redazione, Martina, rientrò dalla maternità. Non ci conoscevamo, io avevo iniziato il tirocinio quando lei era già a casa, e facemmo amicizia.
Come ogni neo-mamma era entusiasta (o fingeva di esserlo) del bambino e passavamo gran parte della mattina a vedere le foto minuto-per-minuto della crescita del figlio. Mi colpì una foto: lei in ospedale con il bimbo appena nato stretto al petto, Giorgio in piedi accanto a lei e una tizia bionda accanto a Giorgio. Chiesi “ma dai, il capo ti è venuto a trovare in ospedale?” e lei “sì, io e Elisa, la moglie di Giorgio, abbiamo fatto l’università insieme ci conosciamo da molti anni!”. Fu uno schiaffo.
I pezzi del puzzle andarono lentamente a posto. Ecco perché non poteva dormire con me, uscire il sabato sera con me, stare ore al telefono con me.
Riunioni editoriali di sto cazzo, padre malato sto cazzo, spesa e calcetto sti gran cazzi.
Chiesi spiegazioni a Giorgio. lo so, sono stata recidiva
Lui diede una spiegazione plausibile: “sì, io e Elisa stavamo insieme quando nacque il bambino di Marta e siamo andati a trovarla, ma ci siamo lasciati. Ci stiamo separando. Anzi, è proprio perchè ci siamo lasciati che non ho il coraggio di iniziare una relazione con te: ho paura di innamorarmi”.
Avrei creduto a tutto: poverino, una separazione. Per fortuna aggiunse “ho paura di innamorarmi” e io mi salvai.
Donne: quando uno dice di aver paura di innamorarsi, semplicemente non è innamorato.
Non si può decidere di innamorarsi: accade e basta. Uno si innamora, punto. Non è come decidere di lasciarsi dal paracadute che hai paura e magari non lo fai. Ti innamori. È come nascere: nasci. Non puoi controllarlo, accade.
Visto che la manfrina del “ho paura di innamorarmi” è stata la mia specialità per anni, (sì, anche le donne mentono. In buona fede, certo, come voi uomini.) lo guardai dritto negli occhi e dissi “Giorgio, non temere, non c’è pericolo che tu ti possa innamorare di me. Ne che io mi possa innamorare di uno così idiota da mentirmi per sei mesi, sapendo di mentire. Non ti stimo, quindi non ti preoccupare, amici e colleghi.”
Lui, dopo aver osservato il mio comportamento nei giorni a venire, ero calma e fredda, in apparenza, provò in molti modi a riconquistarmi. Ovviamente era ancora sposato con Elisa. Lo è ancora oggi che sono passati molti anni. . Lui insisteva affinché gli dicessi che gli volevo bene, che tra noi due andava tutto bene anche se la storia (?!) non aveva funzionato, voleva che io non mettessi in discussione il fatto che lui mi voleva bene.
Sì, signore, gli uomini vogliono la vostra assoluzione. Vogliono che voi, come il prete nel confessionale, li perdoniate. Anche se sono si sono comportati da vigliacchi senza palle vogliono sentirsi dire “ti voglio bene, non ce l’ho con te!”. E voi, signore, diteglielo.
Diteglielo, ma sì, fatelo contento.
Io gli dissi “Giorgio ti voglio bene! Ma non posso lavorare qui con te: ti amo! Mi fa soffrire!”.
Andai a letto con lui e gli graffiai tutta la schiena pensando alla moglie. Poi mi feci scrivere delle referenze e trovai un altro posto di lavoro.
La rabbia, se usata bene, e quindi non per insultare lui, tanto non capisce un cazzo, può migliorare la vostra vita.

Mi spezzò il cuore il fatto di avergli creduto. Non è quello che ci spezza sempre il cuore? Quando ti guardi allo specchio e dici “come ho fatto a essere così cretina! Si capiva benissimo che c’era qualcosa che non andava!idiota, idiota, idiota!”.
Ma quella fu anche la prima volta in cui pensai “Meno male che non sono io la scema sposata con lui. Meno male che se lo è preso un’altra”.

Tu come la pensi?